«Non ho nulla contro la Moratti – ha affermato Vittorio Sgarbi – ad essere sincero mi è anche simpatica. Fin dall’inizio mi ha colpito la sua condivisione di principi sensati, ma è un sindaco impotente che non riesce a concretizzare le cose che pensa realmente». Alla base del divorzio del critico d’arte con l’amministrazione milanese ci sarebbe l’epopea degli eventi promossi dall’allora assessore alla Cultura legati alla sfera dell’omosessualità: «Andava tutto bene – continua Sgarbi – fino alla mostra Vade Retro e alle rassegne su Saudek e Witkin, artisti stimati, tranne che dalla Moratti e da Terzi». Polemiche personali a parte, Sgarbi non digerisce questa presunta avversione milanese al mondo omosessuale: «È evidente che la città di Milano ha un’omofobia così esplicita, tanto da far decadere un assessore – ha continuato Sgarbi –. Più che la Moratti, potrebbe essere la Binetti il sindaco di Milano».
L’incontenibile Sgarbi ne ha per tutti, dalla decisione di valorizzare i “lavori” dei writers sui muri di Milano, al parcheggio di Sant’Ambrogio, contro Citylife e il Teatro Lirico, la palazzina dell’Alfa al Portello e il futuro dell’Expo: «È emblematico che prima si sia deciso di rifiutare il manifesto di Oliviero Toscani contro l’anoressia per promuovere invece quello promozionale dell’Expo – dice Sgarbi –. Per capire l’idiozia comunicativa basta prendere in considerazione il titolo sgrammaticato Io Expo e tu?, per poi osservarne il cartello anonimo, pallido e “cachettico”. Questo è l’emblema del senso del brutto e del fatto che la Moratti faccia l’opposto di quel che pensa. Nella Moratti c’è un po’ di Sgarbi e un po’ di Albertini: purtroppo è sempre quest’ultimo a prevalere».
Dietro alle polemiche, l’ex assessore cela però una vena di nostalgia di Milano, sebbene l’avventura di Salemi stia dando i suoi frutti: «Se la Moratti se ne pente potrei anche pensare di ritornare a Milano – afferma il critico –; ho un rimpianto per questa città, un luogo che dona l’opportunità di realizzare tutto quello che si vuole a patto che ci siano delle proposte».
[francesco cremonesi]
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