La cultura conta così poco in Italia? Agostino Giovagnoli, docente di Storia Contemporanea all’Università Cattolica di Milano, ritiene vero il contrario. «Molti di questi personaggi non fanno la storia del Paese». Nei criteri d’indagine del libro, infatti, a farla da padrona è la visibilità, che non ha nulla a che fare con l’indagine storica, che verte su criteri diversi. «Un domani la cultura sarà riconosciuta come un ambito fondamentale della realtà contemporanea italiana». Il problema è che la cultura e la scienza non hanno appeal sul mondo dell’informazione. La diffusione della cultura scientifica procede su canali estranei alla corrente dell’informazione.
«La società italiana è fatta di tante persone che con le loro iniziative tengono in piedi il Paese, ma queste persone spesso non appaiono, né hanno, peraltro, alcuna voglia di apparire», aggiunge Silvano Petrosino, docente di Semiotica all’Università Cattolica. Il criterio della rilevanza ottenuta con un calcolo delle occorrenze ottenute da ciascun personaggio “notevole” non è, di per sé, errato. Spesso, infatti, proprio le ricerche scientifiche utilizzano lo stesso metodo per rilevare l’affidabilità di un fenomeno. «Allo stesso tempo, però, è un criterio che non coglie la differenza tra l’apparenza e la realtà profonda». È, insomma, un criterio utile per agenzie pubblicitarie al momento di trovare un testimonial o di creare un’icona. Le persone degne di menzione, quindi, pur sapendo di meritare un po’ di fama, preferiscono stare ben lontane dalle luci della ribalta. «Per apparire, al giorno d’oggi, non c’è tempo di mettersi a studiare», continua Petrosino. Gli uomini di cultura, in altre parole, sanno che, confezionando un prodotto di qualità, fanno qualcosa per un pubblico ristretto che sappia apprezzare i loro sforzi. Ma questo pubblico sarà, nella maggioranza dei casi, un pubblico ristretto. La rilevanza mediatica ottenuta senza sforzi porta spesso sotto i riflettori personaggi che non solo non hanno alcun merito, ma – anzi – si sono spesso macchiati di crimini, come nel caso di Riina. «I fatti di sangue, da che ci sia memoria, hanno sempre attirato il pubblico. Non c’è da stupirsi, quindi, che il delinquente finisca spesso in prima pagina».
Per fare della ricerca scientifica, o un libro di qualità, o un’impresa umanitaria ci vuole tempo. Ma nella nostra società c’è ancora spazio per il tempo? Silvano Petrosino: «La società moderna preferisce concentrarsi sull’istante, il tempo del godimento. Il tempo della storia, invece, è il desiderio. Le cose notevoli necessitano una temporaneità come storia, il godimento istantaneo non permane. Non per niente, quando il primo Catalogo dei Viventi uscì nel 2007 molti dei notevoli di oggi non vi comparivano. I nuovi mezzi di comunicazione di massa, che interagiscono l’un l’altro, hanno reso la percezione delle cose molto più immediata. «La tentazione dell’uomo è, dunque, quella di tradurre e ridurre la logica del desiderio in una logica di godimento. E qui l’uomo si perde nell’idolatria». Nella Bibbia questo processo portava alla costruzione del vitello d’oro, simulacro presto finito fuso perché non portava alla vera salvezza. I nuovi profeti degli italiani, invece, sono gli uomini che dai salotti televisivi promettono di risolvere i loro problemi o le donne che, con il loro aspetto, fanno sognare realtà effimere. Solo le prossime edizioni del Catalogo dei Viventi potranno dirci chi sarà sopravvissuto al vaglio storico.
[alessia scurati]
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