“Sono 4000 i morti ammazzati dalla Camorra negli ultimi anni, di cui tantissimi innocenti. Persone uccise per il semplice motivo di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato, o peggio per avere tentato di far valere i propri diritti”. È questo l’incipit dello spettacolo teatrale intitolato La ferita-voci contro la camorra, organizzato in collaborazione con l’associazione antimafie Libera, in scena in questi giorni al teatro San Fedele a Milano. Seduti in platea, ad assistere alla rappresentazione, gli alunni delle scuole medie e superiori della provincia milanese. Scopo dello spettacolo è infatti quello di «far riflettere i ragazzi sul significato e la necessità di legalità, intesa come rispetto delle regole comuni», come ci racconta il regista della messa in scena Mario Geraldi. «Raccontare i meccanismi di base del comportamento mafioso organizzato e come accada che le regole civili vengano rimpiazzate con quelle mafiose è il senso di questo lavoro. Inoltre, il filo conduttore resta sempre la memoria: sia delle vittime innocenti che delle emozioni e sentimenti che queste si portano dentro».
Sul palco, alla lettura dei brani si affianca quella di articoli estratti dai quotidiani, mischiando al reading anche brevi monologhi o stralci musicali. Come sempre, non fa mai male indagare un po’ su cosa conoscono realmente gli studenti. Tra una selva di “non so” e “non seguo queste cose”, troviamo qualcuno che sembra conoscere l’argomento come Daniela Nisio, studentessa del 4° anno dell’Istituto di Istruzione Superiore “P. Frisi” di Milano che ci confessa come abbia seguito negli ultimi mesi la situazione campana soprattutto grazie ai professori che le hanno parlato del “caso Roberto Saviano”.
Luigi Calce invece afferma che «questo tipo di attività sono molto utili per apprendere notizie e informazioni direttamente da chi vive in quei luoghi. Così i ragazzi riescono a farsi un’idea, e si evita il sentito dire, che spesso degenera in notizie false». Ed è proprio questo l’obiettivo di “Libera”: superare con successo la semplice condanna del fenomeno, per reagire concretamente anche nella vita di tutti i giorni (e associazioni come questa ne sono la dimostrazione concreta). Insomma, spiegare ai ragazzi che «è pericoloso allontanare da noi le mafie e gli atteggiamenti mafiosi, ritenendoli questioni che riguardano sempre qualcun altro: le regioni del sud, le altre scuole, gli altri compagni – come sostiene Michela Scavello, professoressa delle medie inferiori “Barozzi” – è fondamentale. Anche da piccoli, formarsi una coscienza civile e legare un tema sicuramente forte come quello della camorra con quello dei piccoli soprusi di tutti i giorni, è necessario per evitare un effetto di straniamento». Accanto allo spettacolo, l’attività si concretizza nell’organizzazione di dibattiti tra studenti. Le scuole lavorano anche in classe: con un elaborato scritto o creativo relativo al tema proposto, in modo da legare, in un unico percorso, informazione, testimonianza, comunicazione emotiva e partecipazione critica.
[raffaele buscemi]
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