Dopo 49 anni e 55 giorni di potere ininterrotto l'ottantunenne Fidel Castro lascia Cuba in eredità al fratello Raul. L'Assemblea nazionale ha eletto il 76enne Comandante in capo delle Forze Armate, nuovo presidente del Consiglio di Stato per i prossimi cinque anni. Ora, nella Repubblica socialista, l'attesa è per le riforme, dopo la timida revisione costituzionale del 1992 che aveva fissato garanzie per gli investimenti stranieri, rispetto religioso, flessibilità per il commercio estero, elezione popolare con voto diretto e segreto. C’è chi vede in Raul Castro la speranza di un cambiamento, di un’apertura verso l’occidente data la sua fama di “moderato”, c’è chi è convinto che sia solo un burattino nelle mani di Fidel che continuerà a governare indisturbato da dietro le quinte, c’è chi ammira e già comincia a rimpiangere l’ormai ex Lìder Maxìmo. «C’è un po’ di tristezza per le dimissioni di Fidel Castro, ma anche la consapevolezza che lui resterà sempre l'unico Comandante in capo leader indiscusso della rivoluzione che ha portato la democrazia a Cuba». A parlare è Ida Garberi, giornalista italiana di “Prensa Latina” agenzia di stampa latino-americana. 42 anni, residente a L’Avana da sette. «Sono arrivata per la prima volta a Cuba nel 1997 come turista ed è stato amore a prima vista – spiega - ho sempre ammirato il processo rivoluzionario di questo Paese. Sono convinta ogni giorno di più che Cuba sia davvero l'unica alternativa possibile al fracasso del capitalismo, lo spirito guida di questo meraviglioso Socialismo del secolo XXI in America Latina». La percezione occidentale per la politica cubana, però, è tutta diversa: sono pochi quelli che appoggiano il suo sistema di governo e che considerino “Repubblica democratica” un Paese in cui esiste un unico partito e lo stesso leader da cinquant’anni. Con l'avvento di Raul Castro e l'avvio di un programma di riforme e modernizzazione, tutti sperano che passino gli anni in cui anche i medici si improvvisavano guide turistiche per raccattare qualche mancia dai turisti. Camminando tra le vie di Trinidad o di Holguìn sono moltissimi quelli che ti offrono un posto letto, un pranzo o che cercano di venderti una collanina di semi. Il contatto coi turisti dà la possibilità di entrare in possesso di peso convertibile, la moneta riservata agli stranieri, 25 volte più forte rispetto al peso cubano, moneta nazionale. Nell’isola è stato necessario introdurre una doppia valuta, una per scambi prettamente interni e una per quelli internazionali e per le merci importate, a causa dell’embargo che soffoca l’economia cubana. «Dai primi anni Sessanta – dice la Garberi - gli Stati Uniti hanno imposto il “bloqueo”, un embargo totale che colpisce non solo Cuba, ma tutti i paesi con cui commercia, i quali diventano oggetto di rappresaglia economica da parte del governo degli Usa. Un atto che tende a sovvertire l'ordinamento politico del Paese e pertanto considerato illegittimo dal diritto internazionale». Ma le possibilità che con il cambio di presidenza l’embargo possa essere sciolto o quantomeno allentato sembrano remote: «Non credo che gli Usa abbiano la volontà di togliere le restrizioni fino a quando Cuba non ritornerà sotto il loro regime diventando colonia americana – continua -. Io posso solo sperare che il prossimo presidente degli Stati Uniti sia più savio di quello attuale, anche se
personalmente ho poca fiducia nei due partiti politici nordamericani». E’ di questi giorni, tuttavia, la notizia dell’autorizzazione del Governo alla vendita di telefonini e apparecchiature elettroniche a Cuba. Si vedono file di acquirenti davanti ai negozi. Sembra che qualcosa già cominci a muoversi: la soluzione ai problemi dei cubani non saranno certo cellulari e dvd, ma è già un inizio.
[gaia passerini]
Nessun commento:
Posta un commento
Commenta questo articolo