L’enciclopedia dell’atletica aggiunge un altro nome e cognome sotto la voce doping. Marion Jones, stella dell’atletica americana, è passata in sette anni da lacrime di gioia a lacrime amare. Dall’exploit delle Olimpiadi di Sydney 2000 – in cui vinse cinque medaglie delle quali tre d’oro – alla vergogna del carcere, passando per le accuse di doping e per la confessione rilasciata dalla 31enne lo scorso ottobre 2007. Nata a Los Angeles nel 1975 ma originaria del Belize, la Jones ha un passato nel basket e una vita segnata da scelte sbagliate, anche in amore: tre compagni, due dei quali finiti sotto accusa per doping e crack finanziari. La scelta di dedicarsi completamente all’atletica risale al 1996, e dopo solo un anno già arrivavano ad Atene i primi titoli mondiali sui 100m e 4x100m. Dopo le brillanti prestazioni ottenute nelle stagioni 1998 e 1999 (10”71 sui 100m sarà il secondo tempo di sempre, dietro all’intoccabile 10”41 di Florence Griffith-Joyner), è il 2000 l’anno storico della sprinter Usa: Marion Jones diventa una leggenda, iridandosi nei 100m, 200m e staffetta 4x400m e conquistando il bronzo nel lungo e nella staffetta 4x100m. Ai Mondiali di Edmonton, nel 2001, vince 200m e staffetta 4x100m, per concludere poi imbattuta la stagione successiva. Abbandona temporaneamente l’attività nel 2003, per la nascita del primo figlio avuto dal velocista Tim Montgomery. Nello stesso anno, la sprinter viene coinvolta nello scandalo del laboratorio californiano Balco, accusato di fornire sostanze dopanti agli atleti: lei nega. Inizia il periodo buio della campionessa, che non solo si presenta alle Olimpiadi di Atene 2004 tornando a casa senza medaglie, ma viene esclusa dai meeting internazionali del 2005, proprio alla luce del coinvolgimento nell’affare Balco anche del marito Montgomery. Il 2006 sembra essere l’anno della rinascita: Marion Jones torna in pista in maggio e a Xalapa vince i 100m, bissando il successo qualche settimana dopo a Hengelo e facendo fermare il cronometro a 10”94 a Losanna, in quella che si può considerare l’ultima gara della sua vita. Ma i guai non sono finiti. Il 19 agosto 2006 la velocista statunitense viene trovata positiva all’epo, benché a distanza di un mese verranno annullati tutti i procedimenti disciplinari perché le controanalisi sul campione B danno esito negativo. A febbraio 2007 Marion Jones prova a girare pagina, sposando il velocista delle Barbados Obadele Thompson: tentativo vano, dato che questa volta, a inguaiare l’americana, ci pensano i problemi finanziari del marito che la costringono a dichiarare il fallimento. Il 5 ottobre 2007, mai trovata ufficialmente positiva all’antidoping, la Jones confessa di avere fatto uso di steroidi in vista della preparazione ai giochi olimpici di Sydney: su pressione del Comitato Olimpico degli Stati Uniti e della Iaaf (massimo organismo di atletica), la campionessa americana restituisce le medaglie vinte alle olimpiadi australiane e accusa il colpo dei due anni di squalifica. L’11 gennaio 2008, dopo la condanna sportiva, arriva quella della magistratura statunitense: sei mesi di carcere per aver mentito agli agenti federali sull’affare Balco e anche sulla frode bancaria legata all’ex-marito Montgomery. È il triste epilogo di una carriera che poteva entrare della Storia dell’atletica, e che, invece, la Storia dell’atletica ricorderà sotto tutt’altra luce.
[francesca salsano]
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