«Giallo e violento». In due parole (il giallo in Cina indica la pornografia), una bambina di 13 anni, Zhang Shufan, aveva descritto davanti alle telecamere lo choc di imbattersi, navigando su Internet, in siti dai contenuti volgari. La televisione di Stato, la Cctv, che l’aveva intervistata per promuovere una campagna contro la violenza su Internet, ha ottenuto il risultato opposto. In molti hanno interpretato con malizia le dichiarazioni innocenti della bambina, che in poco tempo è diventata bersaglio di scherni. Lo scandalo prosegue da settimane. L’immagine di Shufan, che la Cctv aveva divulgato senza proteggerne la privacy (scelta che ha suscitato a sua volta accese proteste), è rimbalzata sulle pagine web, manipolata e denigrata al punto tale che il padre ha inviato una lettera aperta chiedendo rispetto per la figlia che «rischia di subire serie ripercussioni psicologiche». Solo lo scorso anno era stato il turno di Xiao Pangzi – in cinese «grassottello» - un teenager la cui foto era comparsa in migliaia di caricature dalle pagine web ai cartelloni pubblicitari. Tutto sommato a lui era andata bene. Si era trasformato in una piccola star, riuscendo a farsi pagare anche i diritti per l’immagine. Fatto sta che quelle che sembrano bravate di pochi spiritosi nascondono una tendenza in rapida espansione. Il monito del governo, che negli scorsi mesi ha dato un nuovo giro di vite assicurando punizioni più severe per chi diffonde contenuti “inadatti” su Internet, non ha intimorito i molti navigatori che, abilissimi nell’eludere l’occhio delle autorità, inventano qualcosa di nuovo ogni giorno. Il blog Giallo e violento, l’ultima novità, è ispirato proprio alla storia di Shufan. Non solo: è la parodia di un sito aperto in collaborazione con le autorità per contrastare la pornografia su Internet, Saohuang – in cinese “spazzare via il giallo” -, che consente agli utenti di segnalare con un clic contenuti volgari. Allo stesso modo, ma con fini diversi, gli utenti di Giallo e violento suddividono i contenuti proposti nelle categorie di «Giallo», «Violento», «Giallo e violento» e «Grande e potente». Studiosi e sociologi si interrogano sul fenomeno. «Dietro a queste forme di violenza si cela la pericolosa cultura del Mop», spiega Mai Tian, direttore di una società di servizi Internet. Mop, che qualcuno interpreta come la traslitterazione di “mobbing”, è l’uso perverso del sopruso psicologico per distinguersi e primeggiare in una società sempre più competitiva. Qualcuno pubblica la foto e la storia di una persona invisa per un qualche motivo all’opinione pubblica, scatenando una reazione a catena: in poche ore arrivano centinaia di migliaia di insulti in diverse forme. Il risultato è devastante. E’ un fenomeno importato dal Giappone ma che trova terreno fertile in antiche abitudini cinesi. Il vilipendio pubblico, ritenuto in passato una forma di giustizia - tanto che fino a pochi anni fa era normale appendere dietro la porta del vicino disonesto un cartello di accusa perché tutti vedessero - è diventato una valvola di sfogo sociale. Internet è l’unico rifugio da una società che corre verso il benessere asfaltando con i grattacieli i sogni di milioni di cinesi che negli ultimi vent’anni hanno vissuto la rivoluzione più stravolgente della loro storia: la conquista della libertà. Una vittoria sognata, positiva, ma che le nuove generazioni pagheranno cara. Così capita che persone comuni come la bambina Shufan, “antipatica” per avere provocato la reazione severa delle autorità, diventino bersagli innocenti. La violenza gratuita su Internet esprime la sete di una libertà senza freni che la censura del governo fa sempre più fatica a reprimere. E che alimenta una società “moderna” - già privata dei valori religiosi che tracciavano confini, per quanto labili, fra bene e male – in cui la filosofia tradizionale, declinata in ormai troppe interpretazioni, cede il campo a un relativismo immaturo e facile vittima di estremismi.
[marzia de giuli]
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