CRISI IN KENYA

Kuki Gallmann: "I kenioti non sono violenti"

«Se non fosse stato per le immagini alla televisione non avremmo notato niente fuori dall’ordinario. Gli incidenti sono circoscritti agli slum della zona di Molo e Eldoret, che non sono nuovi a subbugli pre e post-elettorali». Parola di Kuki Gallmann, autrice del best seller da cui è stato tratto il film Sognando l’Africa con Kim Basinger. Gallmann è originaria del Veneto, ma per amore ha rinunciato agli agi della ricca borghesia trevigiana e si è trasferita in Kenya nel 1972: dopo aver perso tragicamente il marito e il figlio è riuscita a convertire il dolore in una forza costruttiva che ha fatto nascere la Gallmann Memorial Foundation: «Si tratta di un istituto di ricerca – spiega la Gallmann, responsabile della struttura con la figlia Sveva – che si occupa di conservazione dell’ambiente e della cultura africana. Ol Ari Nyiro è il nome della nostra riserva (centinaia di migliaia di acri) che ospita tutte le attività».

Kuki Gallmann vive lontano dall’epicentro della crisi politica che sta insanguinando il Paese: «Non abito a Nairobi, ma a Laikipia. Per alcuni giorni i negozi sono rimasti chiusi, ma nella massima tranquillità. Alle stazioni di servizio si sono formate lunghe code, ma a dire il vero il carburante mancava già da prima delle elezioni». Kuki Gallmann ha molta stima di quelli che ormai considera suoi conterranei ed elogia la reazione alla crisi degli abitanti di Nairobi: «Abbiamo notato una grande maturità nel pubblico, che in generale, benché i risultati delle elezioni non rispecchiassero le aspettative della maggioranza, ha anteposto la pace e gli interessi del Paese alle preferenze politiche individuali. I kenioti non sono violenti – tiene a precisare la scrittrice – e gli scontri sono stati provocati da agitatori politici ed elementi criminali, probabilmente pagati per creare il caos». Il Kenya è cosmopolita e ospita una comunità italiana relativamente numerosa, la terza dopo gli indiani e gli inglesi: «Gli stranieri che vivono qui sono ottimisti – racconta Gallmann – perché conoscono la vera indole dei kenioti. Del resto, la popolazione del Kenya dimostra concretamente di voler tornare ad ogni costo alla normalità e ci sta già riuscendo: le scuole sono riaperte, i negozi e i ristoranti sono pieni. Certo, il vuoto politico resta e va colmato: è indispensabile che si crei una coalizione perché il Paese è come spaccato in due. Superare le divisioni vuol dire anche combattere la povertà e ridurre il divario tra ricchi e poveri. Fortunatamente in Kenya esiste già un ceto medio che bilancia il contesto sociale. Kuki Gallmann sa che la crisi politica potrebbe disincentivare il turismo ed è preoccupata: «E’ una vera tragedia per il Kenya: qui la principale fonte di reddito è proprio il turismo. Nessun parco, hotel o turista è stato toccato dagli scontri recenti, per cui venire in Kenya non solo è possibile, ma è sicuro. Questo paese ha bisogno di turismo».

[giovanni luca montanino]

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