TIBET

Tibet terra d'esilio in 96 fotografie

«Ancora fotografie di monaci?» È vero che recentemente immagini sul Tibet si vedono ovunque. Ma Luca Dini, direttore di Vanity Fair, è sicuro che non si annoieranno i visitatori della mostra fotografica “Tibet terra d’esilio” dedicata al popolo tibetano e alla sua guida, il Dalai Lama.

Realizzato in collaborazione con Telecom Progetto Italia e con il patrocinio del Ministero dei Beni Culturali, il progetto nasce dalla collaborazione del settimanale con il fotografo Patricio Estay. Nel 2005 Vanity Fair pubblicò due suoi reportage, uno dedicato al settantesimo compleanno del Dalai Lama e l’altro alle tensioni politiche con la Cina.

Le novantasei fotografie di “Tibet terra d’esilio”, frutto di sette anni di lavoro, ritraggono le contraddizioni del Tibet fra le sue bellezze panoramiche. Sguardi intensi di monaci bambini e rituali di densa spiritualità si alternano a gesti di vita quotidiana illuminando i tratti di un mondo in rapida evoluzione, dove una profonda moralità convive con consumismo e prostituzione. Ma soprattutto gli scatti di Estay, noto a livello internazionale per i suoi reportage a sfondo politico-sociale, mostrano la chiara presa di posizione del fotografo a sostegno delle rivendicazioni indipendentiste tibetane. Non a caso la mostra si è aperta in occasione della visita a Milano del quattordicesimo Dalai Lama, Tenzin Gyatso.
Le prime due sezioni della mostra sono dedicate ai monaci bambini nei luoghi dell’esilio. A Dharamsala, in India, dove il Dalai si è rifugiato, l’obiettivo fotografico di Estay si sofferma insistentemente sui segni del difficile rapporto con la Cina: i bambini rifugiati nella scuola fondata da Jetsun Pema, sorella del Dalai, i monaci esiliati accolti nei monasteri, i pellegrini che giungono per celebrare la grande festa di Losar (il capodanno tibetano). Le fotografie sono nitide, in bianco e nero. Gli occhi dei monaci bambini si soffermano sul visitatore, lo scrutano. Non sorridono, anche quando giocano. Una didascalia sotto tre volti bendati, in primissimo piano, spiega: «I bambini esuli di Dharamsala apprendono la storia del Tibet attraverso il teatro; le scene rappresentano momenti di oppressione dei tibetani bendati, torturati e uccisi». Questi bambini dall’aspetto già adulto sono le vittime innocenti di complessi giochi politico-economici. I tibetani in esilio, fuggiti ai tempi della rivolta anti cinese del 1959, si battono per l’indipendenza del Tibet storico, un territorio grande circa un quarto della Cina che comprende tutta la provincia del Qinghai, parte del Sichuan, parte del Gansu e del Xinjiang. E se è vero che il Dalai non chiede più l’indipendenza della regione, la rinuncia è una questione temporanea, non assoluta. Per la Cina accettare questa rinuncia formale significherebbe ammettere la possibilità di un futuro ritiro da quella che è una sua provincia da 57 anni. Senza contare che un Tibet indipendente cadrebbe sotto l’orbita indiana o pakistana: una concessione, quella ai due potenti vicini, che destabilizzerebbe gli equilibri della regione con il rischio di una guerra fratricida.

Per questo la Cina non cede alle richieste della comunità internazionale che ha elevato il Dalai Lama a baluardo – spesso ostentato – dei diritti umani. Riconosce al Tibet lo status di “regione autonoma” e ne favorisce lo sviluppo economico. Ma l’ondata improvvisa di benessere ha un suo prezzo. Ed eccoci così all’ultima sezione della mostra, dedicata alle contaminazioni culturali. Le immagini, dai colori accesi, hanno i contorni sfuocati. Il rosso delle tonache dei monaci si confonde con quello delle luci dei locali notturni di Lhasa. Nelle strade si intravedono lussuose automobili fra scene di povertà. Eppure in queste foto i bambini giocano e sorridono. Una ragazza cinese in abiti tradizionali posa davanti a un tempio tibetano su cui sventola la bandiera rossa cinese. I caratteri cinesi accanto a quelli in lingua tibetana augurano buon anno, le persone fanno acquisti, i giovani ballano e si ubriacano nei pub al ritmo del rap occidentale. Mangiano al McDonald’s e vestono Nike. Ma sembrano più liberi.


[marzia de giuli]

Tibet terra d’esilio
5 -20 dicembre 2007
Palazzo Litta, Corso Magenta 24, Milano
Ore 10 - 20 orario continuato
Lunedì chiuso
Ingresso gratuito

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