MILANO E CUCINA

Deco, il marchio doc all’ombra della Madunina

Cosa succede quando Milano cerca di dare visibilità ai propri tesori culinari (risotto alla milanese, cassoeula, osso buco, michetta, panettone)? Succede che l’assessore alle attività produttive Tiziana Maiolo si sbracci a vantare la futuribile centralità di Milano nel food, per poi farsi fotografare davanti a un panettoncino industriale. Succede che il direttore del settore artigianato e agricoltura, Angelo Menegatti, si soffermi a spiegare ai giornalisti la storia e le ricette dei cinque piatti protetti, che cerchi di dare credibilità al marchietto “de.co.” (letteralmente “denominazione comunale”), e non dia risposte alle domande sul ritorno economico dell’operazione che difficilmente porterà i turisti a Milano, e i milanesi nei ristoranti tipici.

Il de.co. dovrebbe essere un primo riconoscimento verso denominazioni più importanti, come d.o.p. e i.g.p. e presto la stessa sorte toccherà alla cotoletta alla milanese. «Vogliamo fare una scommessa internazionale – ammette la Maiolo –: se Milano è la capitale della moda, del design, della finanza, e dell’editoria, lo diventerà anche del food». Ma non dà risposte ai giornalisti che domandano come gli industriali abbiano recepito il progetto, forse da loro osteggiato, visto che sembrerebbe fissare una norma comune per l’uso degli ingredienti. Per di più il marchio grafico del de.co. non è ancora stato disegnato. «Lo stiamo studiando», ha risposto la Maiolo. Ecco, magari lo facessero, tra un pranzo natalizio e l’altro.

[luca salvi]

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