Presentato ieri a Milano, presso la fondazione Corriere della Sera, il 41° rapporto Censis. Giuseppe De Rita e Giuseppe Roma, rispettivamente presidente e direttore generale Censis, nel commentare i risultati del rapporto non parlano di declino economico. La crescita del nostro paese, anzi, dovrebbe attestarsi intorno all’1-2%, un po’ meno di quanto previsto per la Francia. Ad essere cambiato sarebbe piuttosto il paradigma economico. Secondo De Rita, fino agli anni ’70 c’era il mito della grande impresa e della verticalizzazione del potere; dagli anni ’70 in poi comincia l’epopea della piccola impresa, del sommerso, del localismo. Oggi circa 2mila di quelle piccole imprese sono medie imprese di una certa importanza o, per dirla con De Rita, «alcuni di quei piccoli fili d’erba sono diventati cespugli». Gli ultimi quattro anni sono stati anni di sviluppo, ma dal punto di vista sociale «si ha ancora il mito del potere verticalizzato e poco rispetto per le minoranze». Non ci si è ancora abituati al cambiamento del sistema socio-politico, che è diventato un sistema “a galassia”, policentrico. Per questa ragione anche i “partiti popolari” sarebbero anacronistici perché si sarebbe perso il significato di popolo. «La gente sta insieme come una poltiglia, non c’è una rete di valori condivisi, le relazioni sono deboli – dice De Rita - e il vero problema è che il nostro Paese è composto da una mucillagine sociale, non c’è un’identità collettiva». Ad avere un’identità sarebbero invece le minoranze attive, quelle che si internazionalizzano e investono nell’innovazione, e che però non avrebbero la forza di trainare il resto della società. Pietro Modiano, direttore generale Intesa Sanpaolo, preferisce invece porre l’accento sulla fine della “parabola del declinismo”: «Per anni ci è stato raccontato che il nostro sistema produttivo, basato sulle piccole imprese, soffriva di un ritardo strutturale e che, con l’avvento della globalizzazione, non si sarebbe riusciti a competere con le grandi multinazionali e i Paesi emergenti come la Cina, in cui la manodopera costa meno». In realtà a reggere sono invece state proprio le piccole imprese e c’è stata una crescita invisibile che ha portato le esportazioni italiane a raggiungere nel primo semestre 2007 le quote del 2000. «Per questo mi piacerebbe che si parlasse più del “buon silenzioso” che di “mucillaggine”». E De Rita replica: «L’avevamo già detto l’anno scorso che esiste la minoranza del “buon silenzioso”, ma è silenziosa perché fatta da poche persone, troppo poche per trainare il paese e fare sistema». Polemico anche Severino Salvemini, direttore del corso di laurea in economia per l’arte, la cultura e la comunicazione presso l’università Bocconi, che si definisce perplesso sulla “responsabilità morale della minoranza positiva di includere la massa”. Secondo Salvemini, infatti, i cosiddetti distretti industriali hanno consentito il progresso, portando la cultura della globalizzazione in ambito locale e consentendo ad alcuni territori di progredire nella cultura distrettuale. Pensare di allargare questa realtà significherebbe snaturarla.
[giuseppe agliastro]
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