A cinquanta passi dall’ingresso del Museo per i Beni Culturali dei frati Cappuccini, in via Kramer, c’è la mensa di Opera San Francesco. Idealmente parte da qui, dai volti in fila, in attesa di un piatto caldo, il percorso di chi visiterà la mostra “I Cappuccini e i Promessi Sposi”, che domani sarà inaugurata all’interno del museo.La missione dei francescani si è sempre rivolta agli ultimi, siano essi i senzatetto dei nostri giorni oppure gli appestati della Milano borromea, a cavallo tra ‘500 e ‘600. Insieme ai monatti, i Cappuccini furono gli unici ad avventurarsi all’interno del gigantesco Lazzaretto di Porta Orientale, a restare in contatto con i malati, completamente isolati dal resto della popolazione. Lo scrive anche Alessandro Manzoni nel capitolo 28 dei “Promessi Sposi”, interamente dedicato al grande Lazzaretto. A suggerire un riflesso della spiritualità della missione francescana sono, nelle sale di via Kramer, le opere che compongono l’allestimento della mostra, divisa in tre sezioni.
Quella centrale è anche la più corposa e vede come protagonisti alcuni tra i principali maestri del Seicento lombardo: Procaccini, Cerano, il suo allievo Nuvolone. In mostra tavole e disegni a tema religioso, in particolare sulla figura di San Francesco. Nelle altre due sezioni, altrettante “chicche”. Una formella quattrocentesca in gesso dipinto e dorato raffigurante una “Madonna col Bambino” accoglie il visitatore: il restauro di cui è stata oggetto per l’occasione ha restituito all’opera l’originaria delicatezza di colori e materiali, riportandola allo stato in cui si trovava quando veniva esposta dai Cappuccini nel Lazzaretto. A corredo della terza sezione, che ospita alcune apprezzabili litografie dei “Promessi Sposi”, un curioso cimelio donato dalla famiglia Manzoni ai Cappuccini milanesi: una fotografia di Alessandro, impreziosita da autografo e ciocca di capelli.
[fabio bordighi]

Yang Lian, nato in Svizzera nel 1955 ma cresciuto a Pechino, è oggi uno dei maggiori poeti contemporanei e una tra le voci più importanti della dissidenza cinese. Esiliato dalla Repubblica Popolare Cinese dopo avere duramente criticato nel 1989 la repressione di Piazza Tiananmen, vive all’estero da vent’anni. È stato candidato al Premio Nobel nel 2002 e le sue poesie sono state tradotte in 25 lingue. Yang Lian interpreta lo spirito della millenaria cultura cinese attraverso la sua esperienza da esule. Una riflessione sulla condizione generale dell’uomo ma anche un invito alla speranza per milioni di cinesi che chiedono democrazia.







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