MILANO

Il milanese? Più ricco e stressato

È più ricco, ma respira aria inquinata. Legge poco, ma si concede qualche serata a teatro. Ama lo sport, ma non ha tempo di praticarlo. Lavora molto e ricorre talvolta all’uso di sostanze psicoattive. Nel complesso corre meno rischi rispetto a vent’anni fa, ma ha paura di uscire di casa. E’ questo l’identikit del milanese tracciato da Megliomilano, Osservatorio permanente della qualità della vita.

Il rapporto, quest’anno alla diciassettesima edizione, analizza 107 indicatori suddivisi in 15 aree tematiche per descrivere l’evoluzione di Milano dal 1989 al 2006. I grafici parlano chiaro: delle quattro macroaree esaminate - benessere economico, ambientale, sociale e civico - la curva finanziaria è quella che punta più in alto. Nel 2006, il reddito familiare è cresciuto, così come l’importo medio delle pensioni (569 euro al mese contro i 522 del 2005) e i depostiti bancari (oltre 40mila euro per residente). Il 57,4 per cento della popolazione vive in abitazioni proprie. È rimasto stabile il numero di nuove imprese iscritte, 40 al giorno, mentre i fallimenti sono diminuiti del 44 per cento. Il tasso di attività è il più alto della serie storica: lavorano sette milanesi su dieci. Ma all’aumento del benessere economico corrisponde un netto peggioramento della qualità territoriale. Le strade del capoluogo lombardo sono sempre più intasate, e peggiora la qualità dell’aria: nel 2006, in 159 giorni la soglia di PM10 ha superato il limite previsto (35 giorni l’anno), contro i 152 del 2005. Aumentano il numero di decessi per malattie dell’apparato circolatorio e per tumore al polmone, e la mortalità infantile, 41 decessi contro i 33 del 2005. Anche la curva della sicurezza è in discesa. Milano supera Roma per casi registrati di criminalità, con 258 furti e 10 rapine al giorno. L’aumento della delinquenza è legato ai flussi migratori concentrati nelle aree industrializzate del nord Italia e all’uso di sostanze stupefacenti in forte aumento fra i giovani, in primo luogo la cocaina – secondo l’ultimo rapporto dell’Asl, nel 2003 uno su tre giovani milanesi dai 25 ai 34 anni ha consumato cocaina almeno una volta nella vita.

«Non c’è un rapporto inversamente proporzionale tra sviluppo e qualità del territorio - ha sottolineato Roberto Camagli, presidente del comitato tecnico di Megliomilano -. Milano deve affrontare i disagi con una visione d’insieme dei suoi punti di forza e di debolezza. È una questione di scelte politiche; accanto a noi ci sono esempi di eccellenza, come la Svizzera, dove la ricchezza produce nuove tecnologie che migliorano la qualità della vita, mentre in Italia si privilegia la quantità dei progetti a discapito del risultato finale. Milano è avanti rispetto alle altre città italiane e deve dare il buon esempio». Ma la rivoluzione urbanistica della città è già in corso da dieci anni. Troppo tardi? No, secondo l’assessore alla Mobilità, Edoardo Croci: «Negli ultimi mesi abbiamo potenziato il sistema dei trasporti pubblici, ma stiamo lavorando soprattutto per cambiare la mentalità dei cittadini. Siamo certi che anche le scelte che generano qualche malcontento iniziale, come l’introduzione dell’Ecopass disincentivante del traffico nel centro di Milano, saranno apprezzate quando se ne vedranno i risultati».

Ragionare nell’ottica a lungo termine richiede politiche sostanziali e lungimiranti. Lo ha ribadito Ernesto Ugo Savona, ordinario di criminologia dell’Università Cattolica: «Sfatiamo il mito che aumentare le forze dell’ordine risolva tutti i problemi. I dati Eurostat ci dicono che in Italia ci sono 363 poliziotti ogni 100 mila abitanti, il doppio della media europea. Il problema è un altro, cioè coordinarli. Le politiche a lungo termine non assicurano risultati immediati e per questo sono spesso scomode. Così sprechiamo capitali per curare i disagi giovanili e non vogliamo capire che l’educazione ha i risultati migliori da zero a tre anni». Soprattutto oggi che a Milano un nuovo nato su tre ha un genitore straniero, sono in calo i matrimoni, e ogni giorno divorziano più di quattro coppie. Così il cerchio si chiude e si torna al punto di partenza: benessere economico, vita frenetica, violenza. «È la percezione diffusa della criminalità a rendere la società sempre più chiusa e aggressiva - ha detto monsignor Monti, vicario episcopale –. La via d’uscita dal circolo vizioso è recuperare i valori, un patrimonio ormai considerato privato. Non con moralismi, ma con scelte concrete».

[marzia de giuli]

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