Le maggiori organizzazioni sindacali degli inquilini (Sunia, Sicet, Uniat, Unione Inquilini, Conia) promettono lotta. E hanno ottenuto una prima vittoria il 25 giugno di questo anno. Quando, nella seduta straordinaria del consiglio regionale, l’assessore per l’edilizia pubblica Mario Scotti (Udc) si impegnò a presentare entro luglio un provvedimento per correggere gli impatti economici della legge. Il testo del provvedimento è arrivato in consiglio regionale solo questo lunedì e i sindacati non sono affatto soddisfatti del suo contenuto.
Stefano Chiappelli, segretario del Sunia, ha denunciato la politica anti-sindacale portata avanti dalla regione Lombardia in un incontro indetto dalle cinque sigle sindacali: «La giunta regionale ha ascoltato chiunque tranne noi. L’Assessore Scotti non aci riceve dal 25 giugno». Poi si è rivolto agli inquilini: «Vorrei invitare le 10mila famiglie che abitano le case popolari lombarde a partecipare a tutte le nostre manifestazioni». Pierluigi Rancati, segretario del Sicet, ha sottolineato invece che, oltre all’aumento dell’affitto, nel 2009 su molte famiglie graveranno anche gli arretrati del 2008: «Solo le Arel (Azienda Lombarda Edilizia Residenziale) hanno fatto in tempo ad applicare gli aumenti del 2008, mentre i comuni, nel 2009, chiederanno agli inquilini delle loro case popolari gli arretrati dell’anno prima». Poi ha spiegato i motivi della protesta sindacale contro la proposta di legge presentata da Scotti: «Il provvedimento presentato in Regione non risolve i problemi. Perché ha accolto solo in parte la nostra proposta di riduzione dei componenti dei consigli di amministrazione delle Aler. E si limita solo ad introdurre un correttivo del canone, un aumento cioè del più o del meno del 20%, a seconda del degrado urbano in cui gli inquilini si trovano a vivere. In pratica, permettono alle Aler di riprendere con la mano destra quello che avevano dato con la sinistra».
I sindacati chiedono anche di correggere alcuni criteri di calcolo dell’affitto per renderli più adatti alla reale condizione economica familiare ( per esempio, di non considerare i sussidi di assistenza nel calcolo della situazione economica dell’inquilino); il blocco dell’aumento annuale dell’affitto; l’introduzione di un periodo maggiore per la graduazione. E, in più, maggiori garanzie per la trasparenza sui costi e sui contratti dei servizi per evitare sprechi e inefficienze. Mario Savy di Uniat prova a tirare le fila di una situazione sociale sempre più drammatica: «Gli inquilini delle case popolari non sono ricchi: il 45% sono pensionati, il 51% sono lavoratori dipendenti e il restante 4% è formato da lavoratori autonomi». Tra il 2007 e il 2008 questi cittadini hanno organizzato ben cinque manifestazioni, con punte di tremila partecipanti, ma sono stati ignorati da politici e media. Per questo si augurano di avere più attenzione dallo Stato e dai mezzi d’informazione. Il bisogno di diritti per tutti abita anche qui.
[andrea torrente]
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