DENUNCIA

Macché popolare: gli affitti delle case raddoppiano

Nel giro di quattro anni gli affitti degli inquilini delle case popolari della Lombardia aumenteranno del 50-60%. Lo denunciano sindacati e inquilini, da quanto è stata approvata la legge 27 del 2007, entrata in vigore l’1 gennaio 2008. Proprio da questa data sono scattati i primi aumenti e, se la legge non verrà modificata, ne scatteranno altri tre, uno ogni primo giorno dell’anno. In sostanza, l’ammontare dei canoni pagati dagli inquilini passerà da 140 milioni di euro (nel 2007) a 210 milioni di euro (nel 2011).

Le maggiori organizzazioni sindacali degli inquilini (Sunia, Sicet, Uniat, Unione Inquilini, Conia) promettono lotta. E hanno ottenuto una prima vittoria il 25 giugno di questo anno. Quando, nella seduta straordinaria del consiglio regionale, l’assessore per l’edilizia pubblica Mario Scotti (Udc) si impegnò a presentare entro luglio un provvedimento per correggere gli impatti economici della legge. Il testo del provvedimento è arrivato in consiglio regionale solo questo lunedì e i sindacati non sono affatto soddisfatti del suo contenuto.

Stefano Chiappelli, segretario del Sunia, ha denunciato la politica anti-sindacale portata avanti dalla regione Lombardia in un incontro indetto dalle cinque sigle sindacali: «La giunta regionale ha ascoltato chiunque tranne noi. L’Assessore Scotti non aci riceve dal 25 giugno». Poi si è rivolto agli inquilini: «Vorrei invitare le 10mila famiglie che abitano le case popolari lombarde a partecipare a tutte le nostre manifestazioni». Pierluigi Rancati, segretario del Sicet, ha sottolineato invece che, oltre all’aumento dell’affitto, nel 2009 su molte famiglie graveranno anche gli arretrati del 2008: «Solo le Arel (Azienda Lombarda Edilizia Residenziale) hanno fatto in tempo ad applicare gli aumenti del 2008, mentre i comuni, nel 2009, chiederanno agli inquilini delle loro case popolari gli arretrati dell’anno prima». Poi ha spiegato i motivi della protesta sindacale contro la proposta di legge presentata da Scotti: «Il provvedimento presentato in Regione non risolve i problemi. Perché ha accolto solo in parte la nostra proposta di riduzione dei componenti dei consigli di amministrazione delle Aler. E si limita solo ad introdurre un correttivo del canone, un aumento cioè del più o del meno del 20%, a seconda del degrado urbano in cui gli inquilini si trovano a vivere. In pratica, permettono alle Aler di riprendere con la mano destra quello che avevano dato con la sinistra».

I sindacati chiedono anche di correggere alcuni criteri di calcolo dell’affitto per renderli più adatti alla reale condizione economica familiare ( per esempio, di non considerare i sussidi di assistenza nel calcolo della situazione economica dell’inquilino); il blocco dell’aumento annuale dell’affitto; l’introduzione di un periodo maggiore per la graduazione. E, in più, maggiori garanzie per la trasparenza sui costi e sui contratti dei servizi per evitare sprechi e inefficienze. Mario Savy di Uniat prova a tirare le fila di una situazione sociale sempre più drammatica: «Gli inquilini delle case popolari non sono ricchi: il 45% sono pensionati, il 51% sono lavoratori dipendenti e il restante 4% è formato da lavoratori autonomi». Tra il 2007 e il 2008 questi cittadini hanno organizzato ben cinque manifestazioni, con punte di tremila partecipanti, ma sono stati ignorati da politici e media. Per questo si augurano di avere più attenzione dallo Stato e dai mezzi d’informazione. Il bisogno di diritti per tutti abita anche qui.


[andrea torrente]

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