Il Sogno senza tempo
Confrontarsi con un macigno creativo come il Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare è una prova di coraggio e avventatezza, specialmente se a provarci è una compagnia giovane. Colpa del numero e la qualità dei precedenti. Ed è per questo che portare in scena il Sogno vuol dire tentare di entrare in comunicazione con un pubblico che, in misura diversa, ha già dentro qualcosa di quell’opera.
È più facile raccontare una storia confinata in un recinto spazio-temporale preciso, invece che evocare le atmosfere eterne del “Sogno”, da cui ogni sensibilità si attende di provare certe sensazioni. La compagnia Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa riesce a mantenere intatte le tre anime dell’opera: natura, magia e passione, facendole percepire alla platea quasi come elementi fisici presenti sul palco. Il testo, rivisto da Mirca Rivieri, si concentra maggiormente sugli amori alterati da sostanze capricciose, ed è un bene perché esalta le capacità degli attori, più a loro agio nel rappresentare dinamiche affini alla loro età. Le interpretazioni più efficaci sono proprio quelle dei giovani Elena (Silvia Masotti), Ermia (Giulia Valenti), Demetrio (Matteo Romoli) e Lisandro (Giorgio Sangati). A conquistare il pubblico è in particolare l’interpretazione di Silvia Masotti, così stralunata, spaesata, tenera e buffa. Ben più complesso il compito di Caterina Simonelli e Fausto Cabra che, impegnati nei ruoli di Titania e Oberon, faticano a incarnare la drammaticità dei loro personaggi, adulti e regnanti. Vive invece un crescendo interpretativo durante la rappresentazione Giorgio Consoli che, nei panni del giullare Puck, fa da tramite tra personaggi e pubblico, custodisce l’essenza del teatro e strappa più di una risata. Alice Bachi e Rosanna Sparapano, con un accorgimento semplice e d’effetto, rendono imponenti e scenografici i costumi del re e della regina delle fate, lasciando invece minimali gli abiti degli altri personaggi. Visioni di Shakespeare ha il pregio di riuscire a tratteggiare il volto di quell’amore proprio degli amanti giovani, sciocco e carnale, ironico e delicato, incontrando l’apprezzamento nostalgico o la fremente aspettativa di buona parte del pubblico. Lo spettacolo ha una marcata componente corporea fatta di inseguimenti e cadute, di lotte e di arrampicate che, oltre ad essere ben riuscite, danno ritmo e vitalità all’andamento della storia.
[emidia melideo]
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