Ed è proprio ai “compagni segreti” di Joseph Conrad che l’Università Statale di Milano, lunedì 3 dicembre, ha dedicato un’intera giornata. L’evento, organizzato insieme alle autorità polacche oltre alle relazioni di docenti e professionisti ha avuto anche una dimensione cinematografica con la proiezione di film ispirati alla produzione conradiana (tra i titoli in programma “I duellanti” di Ridley Scott e “Sabotage” di Alfred Hitchcock).
Un convegno molto utile perché le opere di Conrad sono particolarmente adatte ad un dibattito sul lavoro di traduzione. Lo scrittore, non essendo madrelingua inglese, già al momento della stesura originale effettuava una sorta di traduzione. Inoltre nelle sue storie hanno grande importanza i termini marinareschi. Un linguaggio tecnico su cui è molto difficile lavorare.
Una grande responsabilità, dunque. Lo ha ricordato nel suo intervento, Franco Marenco dell’Università di Torino che ha sottolineando come «il significato di una produzione sta nel punto d’incontro fra intenzione autoriale e interpretazione dei lettori». Nel secondo aspetto, è chiaro, il lavoro del traduttore è decisivo.
Gli effetti di una traduzione scorretta sono stati invece descritti da Franco Curreli, docente dell’Università di Pisa che, nella sua relazione, ha effettuato una specie di “Paperissima letteraria” sugli effetti devastanti di traduzioni sbagliate. Dove le “rade” diventano “strade” i “pennoni” si tramutano in “verghe”, e cosi via. Con vittime illustri. Anche le traduzioni di grandi come Dacia Maraini e Carlo Emilio Gadda, infatti cadono spesso in fallo, spesso incappano in errori, se non in vere e proprie gaffes. Il “compagno segreto” migliore, a volte, non è come si crede e si legge, quello più famoso.
[luca aprea]
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