Ma la direzione del sindacato degli sceneggiatori, la Wga (Writers guild of America), non ci sta: «Ci sono collane di film per dvd, per cellulari, e per tutti i tipi di collegamenti wi-fi - spiega Syd Field, uno degli autori americani più celebri - e noi produciamo parte dell'opera senza guadagnarne niente». «Il nostro ultimo contratto - continua Field - risale al 1988. Da allora c’è stata una rivoluzione tecnologica. Oggi solo i produttori guadagnano per ogni download. Con lo sciopero rivendichiamo una percentuale sui nostri lavori». Non a caso l’ultimo contratto di sceneggiatori e autori televisivi risale al 1988: anche allora la categoria scioperò per 22 settimane recando un danno di 500 milioni di dollari agli Studios.
La protesta si abbatte come un rullo compressore sui palinsesti: programmi televisivi come i seguitissimi talk show di David Letterman e Jay Leno vengono sospesi o trasmessi solo in replica. Presto si avranno ripercussioni anche sulle serie tv quotidiane, come le soap del pomeriggio. I telefilm settimanali, invece, sembrerebbero meno a rischio, perché vengono girati con mesi di anticipo; lo stesso vale per i film, alla cui sceneggiatura si lavora di solito qualche anno prima delle riprese effettive. Dunque, il popolo dei serial ha ancora un po’ di tempo per godersi casalinghe disperate e affascinanti eroi in camice bianco e stetoscopio. Ma presto le storie che fanno battere i cuori di milioni di telespettatori potrebbero spezzarsi. Non è difficile immaginare l’effetto devastante che subirebbero gli ascolti precari delle televisioni italiane. Intanto, quattro giorni dopo l’inizio della protesta, tremila persone hanno preso parte ad una manifestazione a Los Angeles a sostegno degli sceneggiatori. Bloccata una delle grandi arterie che portano a Beverly Hills, all’altezza del grattacielo che ospita alcune delle principali case di produzione americane, come la “20th Century fox” o la “Mgm”.
[giovanni luca montanino]
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